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Radio Isis ora trasmette anche in lingua inglese

La strategia comunicativa dell’Isis si fa sempre più globale. Da qualche giorno al-Bayan, il network radiofonico ufficiale dello Stato Islamico trasmette un bollettino informativo in lingua inglese, un breve resoconto di una decina di minuti, letto da uno speaker con accento statunitense che informa sui principali fatti del giorno dalle zone del mondo arabo maggiormente colpite da conflitti e operazioni militari.

La radio, che trasmette da Mosul, la città irachena in mano ai miliziani dell’Isis dallo scorso giugno, manda già in onda programmi, notizie e approfondimenti in lingua araba e russa e si arricchisce ora di potenziale pubblico occidentale. Non è la prima volta che lo Stato Islamico cerca di svolgere propaganda oltre i confini linguistici e culturali del mondo arabo; da tempo, infatti, l’Isis pubblica un mensile on line in lingua inglese dal titolo Dabiq (dal nome della cittadina della Siria settentrionale che fu teatro nel XVI secolo della sconfitta dei mamelucchi del sultano al-Ashraf Qansuh al-Ghuri ad opera degli ottomani), che oltre a news e informazioni contiene anche vere e proprie lezioni di religione islamica. La rivista, ben curata e graficamente di altissimo livello, contiene anche immagini cruente sia delle esecuzioni delle milizie terroristiche, sia delle devastazioni provocate dagli eserciti internazionali, e svolge, secondo gli analisti, un effetto importante per il reclutamento di seguaci residenti in Paesi occidentali.

Il network al-Bayan non va, tuttavia, confuso con Radio Bayan, una radio militare legata alle Nazioni Unite che trasmette dal presidio ISAF di Herat, in Afghanistan; guidata da un ufficiale dell’esercito italiano, il capitano Silvia Greco, Radio Bayan (il termine significa letteralmente “comunicare”) svolge un importante ruolo di ricostruzione e democratizzazione. Anche il palinsesto è più vario e ‘disimpegnato’; non guerra e propaganda, ma anche tanto intrattenimento e musica popolare, nella miglior tradizione del sistema mediatico arabo, da sempre orientato a generi e modelli capaci di stimolare coinvolgimento, emotività e leggerezza nel pubblico.

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Ddr, anche la discografia di Stato divenne globale

Si chiamava AMIGA (tutto maiuscolo) e per interi decenni ha rappresentato la ‘via socialista’ all’industria discografica nella Ddr, la Germania Orientale che rimase in vita fino alla caduta del muro di Berlino di cui oggi si celebra il venticinquesimo anniversario. Già, perchè nel modello dell’economia di Stato che accomunava i paesi dell’orbita sovietica, tutto era nazionalizzato, compresi i prodotti culturali. La musica non restò esente: AMIGA era nata nel 1947, quando ancora la Repubblica Democratica Tedesca (come si faceva chiamare la Germania dell’Est) non esisteva formalmente. Dalla metà degli anni ’50, entrò a far parte della VEB Deutsche Schallplatten, la casa discografica detentrice del monopolio statale sulla produzione e diffusione della musica. AMIGA costruì negli anni un catalogo vasto ed eterogeneo, arrivando a raggiungere oltre duemila album, più di cinquemila singoli, e un totale di 30mila titoli, spaziando su diversi generi: dal folk al jazz (con la creazione dell’etichetta dedicata Amiga Jazz), dalla musica per bambini al rock fino alle canzoni politiche.

Front cover Photo of Pink Floyd Wish You Were Here DDR AMIGA http://www.vinylrecords.chTutti i più importanti artisti e cantautori pop della Germania Orientale venivano prodotti da AMIGA e da lì distribuiti non solo negli altri paesi comunisti confinanti, ma anche di là dal muro, nella Germania Ovest. Tuttavia, se da un punto di vista organizzativo poteva sembrare un esperimento, più o meno riuscito, di ‘autarchia musicale’, così non era sotto il profilo dei generi, dei contenuti e dell’offerta musicale proposta: sotto l’etichetta AMIGA, infatti, trovarono spazio e distribuzione tra i giovani della Ddr anche gli album delle più importanti band occidentali, come Beatles, Pink Floyd, ABBA, e altri, come testimonia anche una sezione specifica dedicata all’etichetta sul sito 45-sleeves.com. A fianco di AMIGA, poi, la casa madre della VEB Deutsche Schallplatten creò etichette tematiche dai nomi esotici e mitici come LITERA, che registrava fiabe e narrazioni fantastiche destinate al mercato dei bambini, ETERNA, per la musica classica e l’opera, SCHOLA, per la diffusione di materiale educativo, AURORA, che proponeva musica per la working class fedele ai principi del progetto politico e culturale del socialismo.

Con la caduta del muro e la fine dei regimi comunisti, terminò anche l’esperienza di AMIGA e della ‘discografia di Stato’; la furia privatizzatrice che si scatenò nei paesi dell’Europa orientale non risparmiò nulla. Oltre all’industria pesante, anche quella legata all’immaginario fu travolta dall’ingresso delle grandi multinazionali occidentali che portarono investimenti e diffusione di ricchezza, ma non risparmiarono i simboli che avevano modellato un’intera società nei decenni precedenti. Amiga (questa volta con la sola iniziale maiuscola) fu acquisita nel 1994 dal colosso globale tedesco Bertelsmann Music Group; negli ultimi anni, il gruppo discografico ha ristampato e riproposto in formato cd quasi tutti gli album che erano stati prodotti ai tempi della Ddr. Anche la globalizzazione ha bisogno di radici; e così oggi riscopre il business della cosiddetta ostalgia, la nostalgia per il passato che sta attraversando diversi paesi ex socialisti, i quali investono nella riproduzione di messaggi e immagini di ciò che erano prima di quel novembre di venticinque anni fa.

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La radio clandestina del Pci che trasmetteva da Praga

Una storia incredibile e oscura. Una vicenda rimasta pressoché nascosta per oltre cinquant’anni, tra le pieghe e i segreti della ‘guerra fredda’ e del mondo diviso in due blocchi. Radio Oggi in Italia era una radio clandestina legata all’allora Pci che trasmetteva da Praga e raggiungeva quasi tutto il territorio nazionale, campagne comprese. A riportare alla luce questa clamorosa esperienza è un progetto multimediale firmato da Claudia Cipriani e Niccolò Volpati, La guerra delle onde. Storia di una radio che non c’era. Un film documentario, un libro e un sito per la raccolta di materiale collegato raccontano la vicenda entrando nei dettagli e nei risvolti più misteriosi che hanno reso possibile una simile esperienza. Fondata nel 1950 da un gruppo di comunisti italiani, ex partigiani e transfughi oltrecortina, rimase in vita fino al 1968 quando, in seguito ai fatti della ‘Primavera di Praga’, venne chiusa dai russi, contrariati e risentiti per l’appoggio e il sostegno riservati dall’emittente (e dal Pci italiano) al tentativo riformatore di Dubcek, tanto che durante l’invasione dei carri armati sovietici, diversi redattori cecoslovacchi di Radio Praga trovarono rifugio proprio nella redazione dei loro ‘compagni’ italiani.

A rendere intrigante la vicenda di Radio Oggi in Italia, tra i cui redattori più assidui compariva anche Sandro Curzi, futuro direttore del Tg3, era il fatto che nessuno in Italia sembrava conoscere da quale zona di Praga e della Cecoslovacchia trasmettesse la radio; eppure, la radio clandestina del Pci riusciva a coprire i maggiori avvenimenti politici in corso in Italia e in Europa, spesso anticipando il servizio radiofonico pubblico della Rai nel dare notizie e informazioni di alcuni avvenimenti internazionali, come la rivolta ungherese del 1956 o gli accordi tra Kennedy e Kruscev sulla ‘crisi dei missili’. La Rai e il mondo politico italiano legato alle forze di governo diedero battaglia, come dimostrano numerose interrogazioni parlamentari dell’epoca, a difesa del monopolio e “degli interessi della nazione”.

Quello delle onde radiofoniche come strumento di propaganda e di battaglia politica non era certo un fenomeno nuovo durante la guerra fredda, come dimostra la celebre esperienza di Radio Free Europe, l’emittente fondata dal Congresso degli Stati Uniti che trasmetteva nei Paesi dell’Europa orientale nel tentativo di scardinare i regimi comunisti; tuttavia, a parte un analogo tentativo del Partito Comunista francese a metà degli anni Cinquanta, quello di Radio Oggi in Italia è l’unico caso in cui un’emittente legata a forze politiche comuniste operò in maniera così capillare sul territorio di un Paese occidentale.

Il documentario raccoglie diverse testimonianze, tra cui quelle di Stella Amici, storica speaker dell’emittente, ma anche dello stesso Curzi, di Carlo Ripa di Meana e di Aroldo Tolomelli, caporedattore della radio. Già trasmesso sulla televisione cecoslovacca, il docu-film della coppia Cipriani-Volpato non ha ancora suscitato interesse nei media italiani; al momento è solamente possibile prenotare una copia e riceverla a domicilio, grazia al sistema di crowdfunding editoriale di Produzioni dal Basso.

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Il dj archeologo alle radici della musica africana

Quando il funk incontra l’afrobeat. E’ un sodalizio che parla (o meglio, suona) il linguaggio universale della musica quello che da quasi dieci anni vede come assoluto protagonista un dj tedesco, Frank Gossner. Già ideatore nel 2000 della Soul Explosions di Berlino, il più importante evento di deep funk europeo, l’artista ha intrapreso nel 2005 un viaggio che lo ha portato nel cuore dell’Africa, alla ricerca delle radici musicali e delle sonorità che dal continente si sono diffuse in tutto il mondo. Mentre lavorava su alcuni dischi della casa discografica nigeriana Tabansi durante un soggiorno negli Stati Uniti, Gossner si è imbattuto in un album del ghanese Pax Nicholas.pax nicholas E’ cominciato così un percorso di scoperta di un universo pressochè sconosciuto anche all’interno dei professionisti e appassionati musicali del genere. Non avendo trovato ulteriori materiali e informazioni in internet, Gossner è partito per l’Africa, attraverso un viaggio che lo ha portato a visitare la Guinea, la Nigeria, il Ghana e altri Paesi, ritrovando centinaia di vinili abbandonati in depositi e scantinati di edifici, negozi e perfino uffici pubblici.

Come ha spiegato lo stesso Gossner in una recente intervista alla Bbc, infatti, il passaggio dai vinili alle musicassette in Africa è stato brusco e repentino consegnando all’oblio un enorme patrimonio culturale. Raccontando la sua esperienza e il suo viaggio sul blog di settore voodoofunk, il dj tedesco ha iniziato a cercare di mettersi in contatto con gli autori dei dischi riuscendo così ad impossessarsi di materiale inedito, in parte pagando un corrispettivo ai musicisti e in parte convincendo etichette occidentali a ripubblicare i lavori. Oggi Gossner effettua tour mondiali nelle più importanti capitali e città del pianeta (dal Vietnam al Messico, dalla Svizzera all’Ungheria) portando sul palco la contaminazione tra generi e le sonorità originali dell’Africa profonda.