European Press Prize, assegnati a Londra i riconoscimenti del giornalismo europeo

European-Press-Prize-le-eccellenze-del-giornalismo-europeo_largeGran Bretagna, Russia, Croazia, Norvegia. E’ questa la mappa della seconda edizione dell’European Press Prize, il riconoscimento continentale alle migliori espressioni del giornalismo assegnato lunedì 17 marzo a Londra. La giuria presieduta dal grande reporter britannico Harold Evans ha premiato quattro lavori d’eccellenza in altrettante sezioni: Investigative Reporting per il giornalismo d’inchiesta, The Distinguished Writing per il miglior reportage, The Commentator per il miglior editoriale, The Innovation per le tecniche e i progetti del giornalismo del futuro.

Nella prima categoria, il premio è stato assegnato al lavoro dal titolo The assets of the Ayatollah, dei cronisti Steve Stecklow, Babak Dehghanpisheh e Yeganeh Torbati e pubblicato dall’agenzia Reuters. Si tratta di un’ampia inchiesta in tre parti sull’impero economico e finanziario costruito negli anni dall’Ayatollah Khamenei, la massima autorità religiosa iraniana che controlla e gestisce delicate relazioni politiche, governative e militari con i Paesi occidentali.iran1a

Nella sezione dedicata ai reportage, il riconoscimento è andato al giornalista russo Sergey Khazov per una serie di articoli apparsi sul magazine del New York Times con titoli come Forbidden Islam, Vietnam Town, The man in orange, tutti incentrati sulla vita e la difficile condizione delle minoranze etniche e dell’universo giovanile omosessuale e transessuale nella Russia di Putin.

La terza sezione ha visto prevalere il giornalista croato Boris Dežulović con la riflessione apparsa sul settimanale Globus dal titolo Vukovar: a life-size monument to the dead city: un viaggio nella città-simbolo dell’orrore, della distruzione e della guerra che hanno devastato l’ex Jugoslavia all’inizio degli anni Novanta.

Infine, il premio per l’innovazione è andato a un progetto di giornalismo digitale messo a punto da un team di professionisti norvegesi e pubblicato in patria sul quotidiano Dagbladet con il titolo di Null CTRL. Menzioni speciali sono state assegnate al commentatore turco Yavuz Baydar che dalle colonne del suo giornale ha criticato la copertura effettuata in occasione delle proteste di Gezi Park, e ai giornalisti Alan Rusbridger del Guardian e Wolfgang Buchner di Der Spiegel per la pubblicazione di documenti della National Security Agency sui programmi di sorveglianza e controllo dei governi di Stati Uniti e Gran Bretagna.

European Press Prize è un progetto che coinvolge tutti i 47 Paesi europei ed è stato fondato nel 2012 grazie all’iniziativa di fondazioni, enti e centri di ricerca sui media e il giornalismo provenienti da Gran Bretagna, Danimarca, Olanda e Repubblica Ceca. 

Libertà d’informazione, la graduatoria di Reporters sans Frontières

Nei giorni scorsi Reporters sans Frontières, l’organizzazione internazionale che monitora la libertà d’informazione nei vari Paesi del mondo, ha reso noto l’indice annuale. Non si evidenziano grossi discostamenti rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti, segno di tendenze ormai consolidate nel grado di libertà di stampa delle singole nazioni. Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia guidano, come da diversi anni a questa parte, la speciale graduatoria, chiusa da Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea.

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L’Europa si conferma come il continente più avanzato dal punto di vista della libertà dei media, nonostante permanga un forte divario tra i Paesi centro-settentrionali e quelli meridionali, tra i quali solamente l’Italia fa registrare un notevole balzo in avanti risalendo dalla 57° alla 49° posizione. I profondi squilibri tra Paesi scandinavi e dell’Europa centrale da un lato, e quelli mediterranei dall’altro, riflettono differenze strutturali che investono aspetti quali l’etica e l’autonomia professionali, le relazioni con il sistema politico, le libertà individuali garantite da solide cornici costituzionali, che sono radicati nella storia culturale e comunicativa di ciascun Paese.

La mappa mondiale della libertà di stampa mette in risalto l’esistenza di aree (geografiche e culturali) caratterizzate da tendenze e criticità comuni. Casi di situazioni considerate “buone” o “soddisfacenti” riguardano, oltre ai già citati esempi scandinavi e dell’Europa centro-settentrionale, anche Paesi e sistemi dei media di matrice anglo-sassone (Gran Bretagna e Stati Uniti, ma anche Canada, Irlanda, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica); aree “sensibili” e talvolta soggette a pericolose regressioni sono, invece, quelle dell’America Latina (dove prosegue la “caduta libera” del Brasile, in controtendenza rispetto allo sviluppo economico), dell’Africa sub-sahariana e dei Balcani, dove spiccano i pesanti arretramenti di Paesi come Bulgaria, Macedonia e soprattutto la Grecia, che nell’ultimo anno ha vissuto la drammatica vicenda della chiusura dell’ERT, il servizio pubblico radio-televisivo nazionale. Situazione catalogata come “difficile” è quella dei Paesi arabi; tanto nel Nord Africa quanto nel Medio Oriente, le cosiddette “primavere” non hanno inciso sulla progressiva libertà dei media, quanto su inasprimento delle forme di controllo, censura e repressione da parte dei regimi e delle forze governative: perde posizioni la Tunisia, mentre risalgono leggermente Libia ed Egitto, fermi tuttavia al 123° e 158° posto. Infine, la situazione è “seria” e preoccupante nei Paesi attraversati da regimi o sultanati, segno tangibile del legame inscindibile tra democrazia e libertà dell’informazione.